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Forse tu non lo sai, |
Difficile scegliere il nome per la BBS,
anche perchè questo doveva far trasparire un sacco di cose.
Insomma, una piccola BBS, con poche
ambizioni e nessun obiettivo, se non quello, fondamentale, di
raccogliere delle persone attorno a se, per costruire una piccola
comunità di persone.
Come meglio rappresentare tutte queste cose
se non riportando per intero il testo della conferenza che Alex Zanotelli ha
dato alla cooperativa ``Il Seme'' di Bergamo, testo da cui è tratta l'idea
(suggeritami come una illuminazione da Laura Piani) di questo nome.
Come il fatto che fosse una BBS di ``resistenza'', non un servizio
impeccabile tale da contrapporsi a internet, ma un piccolo angolo di
informazione, una piccola comunità di persone.
O anche una BBS ``di recupero'', fatta non delle ultime tecnologie di
grido, ma usando vecchi computer, pezzi raccolti con la solidarietà di
molti, un software che permetta di ottimizzare quel poco che c'è.
Dai sotterranei della storia al sogno di Dio
(Incontro testimonianza con padre Alex Zanotelli)
Ringrazio per questo invito, anche se mi è costato accettarlo e penso che costi soprattutto a mia madre, che ho lasciato sola. Ero a casa solo due o tre giorni per stare insieme a lei, ma ho sentito il bisogno, davvero, di accettare questo invito, per l'amicizia che mi lega al Seme, fin dalla prima volta che vi ho incontrato qui a Bergamo. Da quel giorno è iniziata una amicizia molto bella, tanto che alcuni di voi sono venuti a trovarmi a Korogocho. Si è creato un senso di amicizia che ritengo molto importante e che mi ha spinto anche ad intervenire a proposito della questione fra la vostra Cooperativa e CTM. Ritengo infatti estremamente importante il tipo di lavoro che state svolgendo qui sul territorio, e che mi ha fatto ricredere anche su Bergamo, dove io pensavo non ci fosse nulla di "sovversivo" ed "alternativo".
Penso che sia bello vedere nascere questa base: io, stasera, sono qui per questo ma anche per dirvi "grazie" perché vi sento vicini. Se c'è una cosa che ho sentito moltissimo a Korogocho, dove negli ultimi tempi la situazione è diventata gravissima, è stato proprio il senso di essere abitato dalla gente; è la sensazione di sentire persone presenti dentro di me.
Molta gente mi chiede se non sento la solitudine senza una donna, ma in realtà io cerco la solitudine: ne sono talmente abitato che non riesco a sentirmi solo.
Ed ancora voglio ringraziarvi perché vi sento presenti. Ho nel cuore in particolare l'esperienza fatta con voi del Seme sulla lettura dell'Apocalisse, in cui ho potuto stare insieme a voi e passare una giornata molto bella. Stasera parlo a nome mio ma anche a nome di Padre Antonio, che vive con me, e dei quattro laici, Simonetta, Maurizia, Carlo, Michela: loro mi hanno spinto a partire, anche se io non volevo; ho fatto insomma di tutto per non venire finché alla fine Padre Gianni è venuto a prendermi per portami in Italia. Mi dispiace, e un po' me ne pento, perché non so cosa verrà fuori da questo viaggio: spero comunque qualcosa di utile.
Vorrei cominciare con voi questa assemblea come facciamo a Korogocho quando
iniziamo la solenne celebrazione della domenica che dura tre ore: vi inviterei
a guardarvi in volto e a dirvi "Kalì", che in swaili vuol dire "benvenuto
fratello, benvenuto sorella"..
Vedete subito come si fa presto a sciogliere il ghiaccio lombardo!
Io vorrei che questo incontro fosse un incontro fra amici che cercano di
riflettere e di ragionare, anche con il cuore, per vedere di trovare la gioia
anche nello stare insieme. Penso al Signore Gesù, quel povero Cristo,
che veniva chiamato un "mangione": gli piaceva stare con la gente, gioire.
Penso che questa sia una caratteristica fondamentale da recuperare quando
ci ritroviamo insieme: il senso della gioia e della festa.
Questa sera sono qui per presentare questo libro, e ringrazio sinceramente
"Il Seme" e gli amici che l'hanno preparato. Voglio ringraziare anche
gli amici di "ALFAzeta". Ricordo in proposito un particolare di un giorno
molto duro per me. Era il 1986, all'Arena sul Sudafrica. Io ero stato
già "bollato" da Nigrizia, avevo appena fatto la conferenza stampa
- un periodo molto duro per me - in cui mi avevano dedicato il libro che
avevano scritto allora su "Banche e Sudafrica". Me l'avevano dedicato
come sostegno alla battaglia che stavo facendo. Era un periodo quello in
cui accettavo tutti i regali, non tanto per me, ma per la causa. Oggi non
riesco più ad accettare nulla perché mi sembra una presa in
giro colossale, ma in quel momento mi sembravano importanti. E' stata
dunque una lunga relazione che è andata avanti lungo questi anni e
che trovo davvero bella. E' il mistero della vita. Non chiedetemi troppe
cose sulla mia fede, perché più vado avanti e sempre meno ci
capisco. Ma sento una cosa, che è molto importante: sento che
c'è un mistero che ci avvolge tutti, e che la vita è fatta
di questi incontri che sembrano tutti casuali: poi alla fine scopri che
c'è qualcuno che deve tirare quelle fila perché sembra
proprio che avvengano nel momento giusto. E lì c'è il
mistero.
Anche il viaggio stesso per giungere qui in cui buona parte delle notti le
ho passate pregando oppure leggendo con calma il mistero della riconciliazione
. Momenti belli che sembrano arrivare per caso, ed invece scopri che alla
fine non esiste il caso. Penso che anche questa serata debba essere collocata
in questo contesto, quello del mistero.
Vorrei ricordarvi che "La fionda di Davide" è un titolo bello ma anche
pericoloso. La fionda di Davide è il termine biblico dello scontro
tra il Golia e Davide, armato solo di fionda.
E' vero, Davide sconfigge Golia: il problema è che lo ammazza.
Noi non siamo qui per ammazzare nessuno, tantomeno vorremmo ammazzare il
sistema che abbiamo fra le mani perché io sono convinto che non ne
abbiamo un altro. E finché non avremo un altro sistema è inutile
stare qui a sognare o a pensare ad altro. Il nuovo deve nascere dal basso.
In maniera nonviolenta.
Di questo rimango sempre più convinto.
Vi chiederei di non demonizzare nulla. Abbiamo bisogno di strutture, di economia,
di tutto. Il problema è che queste strutture economiche od altro sono
"demoniache". Perché uccidono. Quindi non è questione di
distruggere qualcosa, ma piuttosto di trasformare, cambiare perché
possano diventare strutture che servano l'uomo anziché
ucciderlo.
Questo mi sembra importante.
Un libro che io ho chiesto di tradurre, per ora invano, uno fra i libri più
belli che io ho letto, e che ha un titolo molto significativo è "Engaging
the power": "engaging" in inglese vuol dire colluttazione, lotta, ma per
cambiare qualche cosa, non per uccidere qualcosa. Perché in fondo
quando stai attento scopri che il nemico che pensi sia fuori di te , è
dentro di te. Continuamente proiettiamo il nemico fuori di noi, mentre il
vero nemico è dentro di noi. E se abbiamo questo sistema è
perché noi lo vogliamo.
Ecco allora l'invito a prendere seriamente questa fionda di Davide per
quella che è. Sono molti gli esempi in chiave apocalittica.
Quello del libro di Daniele, è molto bello da tenere presente.
Parlo di quel sassolino che ruzzola giù da monte, mosso non si sa
da chi, (ma per la Bibbia è ovvio che sia Dio), e che viene a cedere
proprio sui piedi di questo enorme Golia imperiale, statua grandissima fatta
di oro, ma con i piedi di argilla commista a sabbia. Basta che li si tocchi
e la statua crolla subito.
E' una immagine non violenta: Daniele non accetta la lotta armata dei
Maccabei contro Antioco IV, accetta solo la lotta nonviolenta.
Per me è molto importante questa immagine. Guardate che al di là
della crisi economica, io rimango convinto che la crisi più grossa
che ci attanaglia è la crisi antropologica: la violenza è sfuggita
dalla bottiglia, e non riusciamo più a metterla dentro.
Non c'è nessuno più che possa controllarla, nessuno.
Con la secolarizzazione, la desacralizzazione, non c'è nessuno
Stato che farà da controllore. E la violenza dilaga. L' Africa
ne è un tragico esempio: dobbiamo convertirci a tutto questo processo
di cambiamento verso la nonviolenza: e qui mi rivolgo alle donne, dato che
il nostro pensiero è stato in buona parte frutto delle idee violente
e maschiliste ora toccherà alle donne cercare di utilizzare la parte
più sensibile del cervello.
Questa sera vorrei ricominciare a sognare insieme a voi partendo dalla
Parola.
Vorrei partire da questo sogno, che è il sogno di Dio, e raccontarlo
in profonda solidarietà con voi ed in massima libertà . Pertanto,
se faccio questo discorso, non è per convertire qualcuno. In questi
giorni ho utilizzato un testo che mi ha fatto molta impressione, un testo
del vescovo Claverie, vescovo dell'Algeria che è stato ucciso
l'anno scorso mentre entrava nella sua casa.
Era uno dei vescovi che io stimavo di più, insieme a Tessier. Un anno
prima di morire, si trovava in Francia e, raccontando la sua vita, disse:
"Nella mia esperienza della chiusura, della crisi e poi dell'emergere
dell'individuo sono giunto alla convinzione personale che non
c'è umanità se non plurale; e che quando pretendiamo (e
all'interno della Chiesa ne abbiamo triste esperienza nel corso della
nostra storia) di possedere la verità e di parlare a nome
dell'umanità, cadiamo nel totalitarismo e nell'esclusione.
Nessuno possiede la verità.". Che bello sentire un vescovo dire certe
cose!
"Nessuno possiede la verità, ognuno la ricerca: ci sono certamente
verità oggettive, ma che vanno al di là di noi tutti alle quali
non si può accedere se non attraverso un lungo cammino, ricomponendole
poco a poco, prendendo da altre culture e da altri gruppi umanitari, quello
che altri hanno acquisito, hanno cercato nel loro cammino verso la verità.
Io sono credente. Credo che ci sia un Dio, ma non ho la pretesa di possederlo;
neppure attraverso Gesù, che me lo rivela, né attraverso i
dogmi della Chiesa. Dio non si possiede, non si possiede la verità.
Io ho bisogno della verità degli altri."
Ed è in questo spirito che io vorrei raccontarvi il mio sogno. Che
è il sogno di Dio.
Ce lo stiamo raccontando io e Padre Antonio, rileggendo il Vecchio ed il
Nuovo Testamento. Per voi, per molti di voi, risuonerà quasi strano.
Martin Luther King lo usava: "I dream" - io sogno.
Il sogno di Dio è quello che noi chiamiamo la Bibbia - essa non è
che un sogno.
Molto di quello che vi dico è dovuto al nostro cammino, ma anche alla
ricerca di questi ultimi dieci anni sull'Antico e sul Nuovo
Testamento.
Penso che ci possano dare una ricchezza incredibile, soprattutto ci terrei
a ricordare le comunità ecumeniche del nord America, nel mezzo
dell'impero, che ci stanno dando un esempio di resistenza incredibile
e capacità di rilettura della Bibbia.
Cosa è il sogno di Dio? Un sogno che è affidato ad un uomo,
a Mosè.
Mosè è uno come noi, è uno di noi. Il nome Mosè
non è ebraico, egli è cresciuto nel Palazzo, è un
intellettuale venduto. E' cresciuto con una cultura egiziana e del suo
popolo non sapeva nulla. Un giorno ha scoperto che il suo popolo soffriva,
ed ha tentato di difendere uno dei suoi fratelli, uccidendo un egiziano.
Iniziava a capire che questo per lui era un problema ed è scappato.
Scappato nel deserto, dove ha trovato una bellissima ragazzina, si è
fatto tre figli, con buoi, pecore. Ecco quello siamo noi. Ma ecco Jahvè
- il cuore della Rivelazione. Jahvè ascolta il grido del suo popolo
oppresso. E' il Dio delle vittime di ogni sistema e spedisce di ritorno
Mosè con un programma.
Il programma può essere riassunto - secondo uno dei migliori biblisti americani - in tre parole:
Mosè arrivò con un sogno, di una economia di uguaglianza, una
politica di giustizia, una religione in cui Dio è libero. E proprio
perché è libero non può essere il Dio del sistema, ma
è il Dio nomade, il Dio delle vittime. Nasce uno scontro inevitabile
fra il sogno di Dio ed il sogno del faraone.
L'esodo ci proclama che Dio ha vinto, con toni epici. Dio vince il faraone,
vince il mare - simbolo del caos, delle forze caotiche - vince l'esercito
del faraone.
E questo piccolo clan di Mosè va verso una esperienza nuova.
Questo popolo unendosi facilmente ad altre tribù che si erano ribellate
alle città stato, ha visto in questa esperienza mosaica, che si era
purificata nel deserto, in questa esperienza di Jahvè, il Dio delle
vittime, il Dio delle vedove; un Dio che viene in questa terra e tenta di
riesprimere questo sogno in termini concreti, con una economia di
uguaglianza.
Tutta la terra è divisa equamente fra le famiglie: la terra non si
capitalizza. Come la manna nel deserto - simbolo di Mosè - se tu
raccoglievi troppo cibo, esso marciva.
I beni di questo mondo sono al servizio di tutti e non di pochi. E'
una economia di uguaglianza che demanda ad una economia di giustizia. Nella
lega delle 12 tribù non c'era un potere centrale, non c'era
un re. La politica era fatta alla base, dal consiglio di anziani, era un
potere che nasceva da basso.
C'era una esperienza religiosa essenzialmente vissuta: una volta
all'anno si celebrava la Pasqua, con la promessa dell'Alleanza
del sapere che questo Dio è il Dio dei poveri, dei miserabili, delle
schiave, delle vedove. E' il Dio della vittima di questo sistema. Ecco
il cuore dell'esperienza.
Verso l'anno mille si arriva alla monarchia. Con Salomone ritorna il
tradimento, ritorna l'Egitto. Gerusalemme è la capitale, una
città pagana, palazzi giganteschi costruiti già da Davide.
Salomone costruirà davanti al palazzo del Re costruirà il palazzo
di Dio, il tempio, così che il re potrà uscire dal palazzo,
entrare nel tempio e dire: "Eccomi Jahvè".
Ma Jahvè non c'è più, Dio è altrove.
Perché Salomone per fare quello ha dovuto usare una politica di
oppressione, schiavizzare le genti per farli lavorare in opere pubbliche
e così via.
Salomone ritorna ad una politica di opulenza, dove pochi hanno molto a spese
di molti morti di fame. Questo demanda ad una politica di oppressione, che
demanda ad un Dio prigioniero del sistema. Jahvè prigioniero di Salomone.
Jahvè è il Dio di Salomone e degli altri re.
I profeti gridano per nome di Dio per i poveri, per tutta la gente martoriata
da questo sistema economico. I profeti si riallacciano al grande sogno mosaico.
Ecco la memoria, la profezia in fondo è memoria. "Ricorda Israele"
- dice il Deuteronomio. Ricorda il sogno tradito. Quel tradimento, i profeti
diranno, porta al fallimento, al crollo di tutto.
Ma Dio non si stanca, rilancia il sogno. Finisce la profezia in Israele,
inizia l'apocalittica.
L'apocalittica non ha più a che fare con i re, con i sacerdoti:
ha a che fare con l'impero, i grandi imperi. Israele è una piccola
comunità che vive all'ombra di questi grandi imperi. Nasce
l'apocalittica.
Ricordo Daniele: egli rilancia il grande sogno, in termini apocalittici,
di codice.
Nel capitolo settimo Daniele vede nel grande mare bestie, grandi bestie che
escono dal mare: sono gli imperi. Un impero più bestiale dell'altro,
fino all'ultimo, quello greco sotto cui sta Daniele.
Ma l'importante è capire una cosa: questi imperi, che rappresentano
Babilonia, Persia, ecc., sono già stati condannati da Dio. Dio è
più grande degli imperi. E' il profeta che usa il linguaggio
apocalittico, rilancia il grande sogno con l'immagine del figlio
dell'Uomo.
Un figlio dell'Uomo, cioè quello che l'uomo sogna, uno che
nasca dal basso. Qualcuno che ci faccia respirare. Guardate che non è
una figura singola: in Daniele è una comunità di resistenza,
nonviolenta. Che rifiuta i Maccabei che lottano con le armi in mano.
Anche questa è resistenza: sono le comunità che sognano che
finalmente possa nascere dal basso un potere nuovo, un potere
dell'Uomo.
Gesù riprenderà questo sogno e lo rilancerà nella Galilea.
Guardate che Gesù non è vissuto per caso.
Il potere romano nella Galilea era qualcosa di bestiale. L'Apocalisse
racconta di Roma come la bestia delle bestie.
Gesù ha accolto la bestialità di Roma e ha visto la collisione
di Roma con il tempio. I sommi sacerdoti pagavano Roma per essere sommi
sacerdoti. E poi collaboravano con Roma per opprimere la gente: la zona più
repressa era la Galilea.
In Galilea Gesù rilancia un movimento: il movimento del Figlio
dell'Uomo. E' un titolo apocalittico, di speranza, di rilancio
per piccole comunità fatte di lebbrose, prostitute, samaritani.
Gesù ha spaccato tutti i limiti, ha messo insieme gente che si volesse
bene. Ecco il sogno. E nasce la speranza che un Figlio d'Uomo finalmente
arrivi. Gesù è l'emblema di questo.
Il potere romano, e soprattutto la violenza romana, erano terribili.
Dieci anni prima di Gesù, i romani avevano crocifisso lungo le strade
4000 ebrei, per una lunghezza di chilometri e chilometri.
Era il supremo ammonimento: chi muoveva un dito contro Roma, finiva
così.
Gesù ha capito che davanti alla violenza romana si innescava la
controviolenza ebraica. L'inizio della lotta armata. Gesù ha
capito che se il suo popolo avesse intrapreso questa strada, sarebbe stato
schiacciato dalla potenza di Roma.
Ed inizia il processo di nonviolenza. Per favore, la non violenza non l'ha
inventata Gandhi.
L'ha inventata Gesù di Nazareth. Ma è possibile che abbiamo
cardinali come Biffi che ci dicono che la nonviolenza non è una
virtù evangelica?!
Io davvero non capisco più nulla. Perché davvero questo è
il cuore di Gesù, è questo grido per i poveri, è questa
buona novella, è questo rilancio del movimento di comunità.
Chi vive all'interno questa speranza. Guardate che il cuore è
l'economia in Gesù.
In Kenya si sta andando verso una violenza incredibile. Hanno fatto venire
una équipe dalle Filippine ed una dagli Stati Uniti di esperti per
questo problema: hanno detto che è incredibile che nella Chiesa ci
sia una teologia perfezionatissima della guerra, ma non esiste una teologia
della pace.
Gesù rilanciava il sogno di Mosè: una economia di uguaglianza
che demanda ad una politica di giustizia, che demanda ad un Dio libero. Il
Dio delle vittime del sistema. E Gesù dopo aver lavorato in Galilea,
ha capito che il problema era a Gerusalemme. Ed inizia quel cammino, quella
grande marcia. La marcia dei poveri: Gesù vuole andare nel cuore del
potere per dire ai capi queste due cose: il grido dei poveri e la dinamica
della violenza. Roma ed il tempio. Vedono in Gesù un elemento molto
più pericoloso di Barabba, che lotta con le armi in mano. Rilasciano
Barabba, ma Gesù deve morire. Caifa dice una frase terribile, che
esprime il meccanismo del capro espiatorio: è meglio che muoia un
uomo solo, piuttosto che tutta la nazione. Ecco l'uomo muore, fuori
dalle mura, come un criminale. Non dimentichiamo la dimensione politica di
Gesù.
Solo gli schiavi venivano crocifissi, e solo chi era un sobillatore veniva
crocifisso.
Gesù muore fuori dalle mura, come un criminale, come tutti i criminali
e criminalizzati della storia. L'Abbà, la grande scoperta di
Gesù. Che Dio è padre e madre. Che gli rimane fedele. Perché
Dio non è il Dio di Roma, Dio è il Dio di quel crocifisso fuori
dalle mura e rimane fedele a tutti i crocifissi della storia.
Se sono qui questa sera è per rilanciare a voi questo sogno. Guardate
che Mosè siamo noi. Quel Gesù che ha fatto questo in Galilea
siamo noi. Ognuno di noi ha delle potenzialità enormi.
E' quello che Gandhi chiamava la "satyagraha", la forza della verità.
Gesù è la forza dell'amore. Ognuno di noi è una
bomba atomica in quello che può fare, nel bene come nel male.
Io sono qui davvero per chiedere a voi di rilanciare questo sogno, davanti
ad un mondo che ammazza. Io sono qui per chiarirvi la
globalizzazione.
Se voi venite a Korogocho, capite cosa sia la globalizzazione. Capite cosa
siano i riaggiustamenti strutturali. Già in sé Korogocho è
una bolgia, è peccato. Ma un peccato mortale, davvero.
Nessuno sapeva che io partivo, l'hanno saputo solo nelle ultime ore
e durante l'incontro finale mi hanno detto, con le mani sulla testa:
"Alex va, e parla a nome nostro". Ed io parlo a nome loro.
Korogocho è già in sé peccato. E' peccato perché
è peccato tenere delle persone in condizioni assurde, neanche le bestie
feroci vengono trattate così.
E' inconcepibile come si possono mettere due milioni di persone su tre
nell'1% del territorio. I baraccati, circa due milioni, occupano
l'1,5% della terra disponibile.
Questo 1,5% di terra appartiene al governo: i baraccati possono essere sbattuti
fuori quando e come vogliono. E lo hanno fatto due anni fa per far posto
ad un miliardario. Con l'aiuto della polizia hanno bruciato 2000 baracche,
sbattendo fuori tutto.
Questa è la logica, la logica del peccato, la logica del mercante.
E' la logica della capitalizzazione.
Già a Korogocho sono messi 100.000 abitanti su un pezzettino di terra
lungo al più 2-3 Km..
Ogni baracca è 3 metri per 3, dove ci vivono il papà, la mamma
e 5 o 6 figli. Tutti lì.
Se voi vedeste quello che questo sistema sta facendo - ed io ormai lo sto
vivendoci dentro da 7 anni - vedreste la sofferenza incredibile. Vedete ad
occhio nudo quello che questo sistema fa.
Tre semplici esempi, che ci danno una idea in chiave sociale di quello che
sta avvenendo.
Il fatto emblematico e sconcertante della sanità.
Fino a tre anni fa la gente poteva andare al Keniota Hospital, l'ospedale
di Nairobi, che era in condizioni spaventose. Se andavate all'ospedale
vi trovavate anche tre persone nello stesso letto, ma almeno era un posto
dove si poteva andare.
Oggi, se non hai mille scellini keniani, non puoi entrare all'ospedale.
Pertanto i poveri sono costretti a rimanere fuori, anche se in gravi
condizioni.
Sta diventando sempre più costoso anche seppellire i morti. Sono molti
i poveri che abbandonano i corpi nelle mani del governo per seppellirli in
fosse comuni. Perché per seppellire un morto a Nairobi, occorrono
circa 6-7 mila scellini. Ed è una somma grande per i poveri che vivono
in baracca. E guardate che per gli africani questo va contro tutta la loro
cultura, soprattutto poi perché temono che questi siano spiriti e
vengano disturbati.
Pensate in Kenya che sforna ogni anno 200.000 studenti delle secondarie,
arriveremo probabilmente fra cinque anni ad avere il 50% dei ragazzini di
Nairobi che non entreranno in prima elementare, perché i genitori
non si possono permettere il lusso di mandare i figli a scuola. Il 50%. Questo
me lo diceva la responsabile del comune di Nairobi.
Perché tutto questo? Perché gli aggiustamenti strutturali tagliano
tutti i servizi. I governi tagliano tutti i servizi sociali. E chi paga?
I poveri. E' chiaro che i ricchi continuano ad essere trattati come
nababbi, ma chi paga è la povera gente.
Io non volevo venire via perché stavo male, molto male. Mi sentivo
male dentro, perché quando voi vedete certe cose non capite più
nulla.
Pochi giorni prima di partire ho visto una ragazzina di nome Anne, con la
mamma morta di Aids due anni fa. Questa ragazzina di 17-18 anni ha dovuto
sobbarcarsi il peso di 5 bambini. Si è prostituita, ma non è
servito a niente - non ce l'ha più fatta. E' stata rapita ed
ha subito molestie sessuali.
Un giorno sento parlare di lei: "guardate che sta per suicidarsi".
Allora mi ha chiamato la responsabile della comunità e mi ha detto:
"Alex, guarda che è grave la condizione di Anne. E' disperata"
.
"Mandamela" - le dico.
Pochi giorni prima che io partissi Anne è arrivata.
E le dico: "Anne, sento che ...".
"E' vero", aveva la faccia tesa, tirata, "ieri mi sono comprata il veleno.
Lo prenderò io e i miei cinque bambini. E farla finita".
Quando una ragazzina di 17 anni ti dice questo è ovvio chiedersi "dove
siamo arrivati". Non ci si capisce più nulla.
Proprio due giorni prima di partire, mentre stavo andando a pregare per una
donna, sento la voce di una ragazza che mi dice: "Non ce la faccio più
Alex; sono due giorni che ho vomito, diarrea, sono sfinita."
Si è seduta in mezzo alla strada. Non ce la faceva nemmeno a reggersi
in piedi. "Sono due giorni che non mangio". Avevo appena comperato del pane
per dire Messa, e gliel'ho dato. "Prendilo".
Non riusciva neanche a prenderlo. Poi ha sfilacciato uno straccio, ha avvolto
il pane e mi ha detto: "Alex, non lasciarmi. Io ho bisogno della tua preghiera".
E l'ho vista sparire nell'oscurità.
Mi è venuto una rabbia dentro immensa. "Verrò domani nella
tua baracca"- le ho detto.
L'indomani, alle nove di sera, giungo nella sua baracca: eravamo solo
in due.
Proviamo ad entrare ma non riusciamo; sfondiamo la porta, perché aveva
messo uno sperone del letto in modo tale da bloccare la porta. Lei viveva
con due bambini piuttosto grandi che erano scappati. Lavoravano alla discarica
e avevano lasciato la mamma da sola, totalmente incapace di fare nulla. La
baracca era sporchissima: sul pavimento e sul letto c'erano vomito e
diarrea da parecchi giorni. Riusciamo a pulire, a buttare via i pagliericci
sporchi: alla fine riusciamo a recuperare un pezzo di tavolo, vi poniamo
la tovaglia e celebriamo l'eucarestia.
Ritengo che quei gesti siano importanti. Prima di tutto per dare dignità
a gente che l'ha persa totalmente. Per dargli la possibilità
almeno vicino alla morte di dirgli "Anche tu hai un Abbà, anche tu
sei un Figlio di Dio".
Quella sera sono rimasto esterrefatto dalla preghiera che quella donna ha
fatto: aveva una capacità ed una lucidità di mettersi nelle
mani dell'Abbà incredibile.
Questi sono i volti delle vittime: non sono numeri o statistiche. E'
la mia gente, la gente per cui soffro, in cui vivo, lotto. Sono i volti di
persone conosciute.
Non volevo andare via, perché temo che quando tornerò molti
amici saranno morti.
Perché quando si ha un legame d'amicizia di questo tipo, credo
che almeno per il rispetto verso questi poveri occorra fare questi gesti
fondamentali.
Ecco il sistema, ecco la globalizzazione, ecco l'economia, le regole
del mercato. E' questo. A Korogocho non capite più nulla,
perché davvero non ci si può capire più nulla. Ed ecco
il mio grido a voi, quello che grido a voi è quel sogno di Dio che
cozza contro questa realtà imperiale. Altro che faraoni, oggi abbiamo
i grandi faraoni di turno che dominano il mondo ammazzando e uccidendo. Korogocho
è solo una piccolissima cosa per loro. Di Korogocho ce ne sono a migliaia,
a milioni. Se la Banca Mondiale stima che ci sono 800 milioni di persone
al mondo che non hanno cibo a sufficienza, che abbiamo il coraggio di ammazzare
40 milioni di persone all'anno per fame.
Ma finché sono statistiche non soffrite, ma se lo vivete sulla vostra
pelle, se lo vivete con loro allora sono drammi sconcertanti. Ed allora si
pone la domanda: "Come è possibile continuare con un sistema del genere?
Come è possibile che non crediamo?".
Continuiamo ad urlare per l'Olocausto, in Germania - e dobbiamo farlo
- Auschwitz e non Auschwitz hanno posto il problema di Dio.
Ma cosa facciamo allora dei milioni e milioni di poveri che ammazziamo? Oggi
Dio non pone più nessun problema.
A me lo pone: ed è per questo che molto spesso dico che la mia fede
è una lotta, perché è impossibile continuare
così.
Morti di una economia virtuale.
E' una economia assurda, virtuale. Ho sentito dire che proporzionalmente
l'economia concreta è solo 1 e cinque è quella astratta
virtuale, di carta.
L'economia reale è uno su cinque. Il resto è carta.
E' possibile continuare ad ammazzare gente per una economia virtuale,
dove soldi fanno soldi.
E' davvero possibile che i soldi non siano un problema etico? Il primo
che l'ha detto è stato Chiavacci, e quando l'ha detto, a
Merano, metà sala è uscita per protesta.
Perché non volevano porsi il problema di fondo, un problema
evangelico.
E chiedo a voi, questa sera, di domandarvi cosa sia la moralità,
l'etica. Ma come faccio io a dire ad una ragazzina che va a prostituirsi
che è peccato. Non riesco più a capirci nulla.
Mi dice: " Ma Alex, dimmi tu come faccio a vivere; dimmi un altro modo, ed
io lo faccio".
Non ce n'è.
Pochi giorni prima una prostituta mi ha portato una ragazzina dicendomi:
"Guarda, questa ragazza tutte le notti esce con un coltello ed accoltella
tutti".
Allora ci siamo seduti, abbiamo bevuto un tè insieme, e le ho detto:
"Ma è vero?"
"Sì, è vero. Io non ho nessuno. Non ho un papà, una
mamma, nessun fratello. Sono sola. Accoltello solo per rubare i 20 scellini
che mi servono per mangiare. Alex, tu penserai che ti stia mentendo. Vieni
con me". E sono andato. Entro nella sua baracca. C'è un letto
con tre cartoni, un pezzo di nylon per coprirsi dal freddo della notte. Non
c'era nient'altro.
"Alex, io non ho mai derubato nessuno. Mi servono solo un po' di soldi
per tirarmi via."
Moralità borghese.
Questo è peccato? E quelli che hanno miliardi nascosti in banca non
sono peccatori?
Quella non può andare a fare la comunione tranquillamente e gli altri
si.
Ma guardate che la nostra moralità è una moralità borghese.
Non è vangelo, non è etica.
Io non contesto l'insegnamento della Chiesa - ma se la Chiesa è
dura sul sesso, allora deve essere dura anche sull'economia. E'
possibile che abbiamo costruito una casistica sessuale incredibile su tre
detti di Gesù nel Vangelo, e non sull'economia che è il
cuore stesso del Vangelo. Ad una donna che prende la pillola, io devo dirle
di non fare la comunione. Ad un uomo che ha un miliardo in banca, questi
può andare tranquillamente a farsi la comunione. Perché quelli
sono soldi suoi, guadagnati col sudore della fronte. Questa è una
presa in giro autentica.
Questi sono i problemi morali fondamentali che dobbiamo porci. Se voi vivete
dentro queste situazioni, vi salta tutto: salta la teologia, la morale,
l'immoralità.
La globalizzazione è incredibile ed ha una capacità organizzativa
notevole.
A Trento abbiamo citato la Nike. In questo libro: "Contro il capitale globale"
(edito da Feltrinelli) si afferma che "Nella Corea del Sud e a Taiwan, la
crescita economica, le riforme democratiche, la sindacalizzazione stanno
producendo un aumento di salario, così che la Nike chiude 20 fabbriche
in Corea e a Taiwan e apre un negoziato per produrre le sue scarpe in Cina,
in Thailandia ed in Indonesia - i nuovi paradisi economici.
In quest'ultimo paese le ragazze e le giovani donne ricevono una paga
minima giornaliera di 1.35 dollari. Da uno studio fatto in Indonesia, risulta
che 88% delle donne indonesiane che lavorano nelle fabbriche, soffre di
malnutrizione.
Nel 1992 l'ammontare totale del salario pagato nelle fabbriche indonesiane
della Nike è stato inferiore del compenso dato a Michael Jordan per
fare pubblicità alle scarpe, dichiarato in 20 milioni di dollari."
Semplicemente per mettersi le scarpe e farsi fotografare.
"Michael Jordan ha ricevuto di più che non tutte le donne che fanno
quelle scarpe in un anno in Indonesia.
Per produrre un paio di scarpe in Indonesia la Nike spende 5.60 centesimi"
- qui le paghiamo intorno alle 150.000 lire.
Questo è un semplicissimo esempio per farci capire cosa è la
globalizzazione. Ecco il problema, ecco il sistema. Ed è sistema che
funziona davvero, e chi lo paga sono i poveri.
Io vorrei ricordarvi una cosa che mi sembra importante e che sta diventando
sempre più sconcertante: questo sistema, che permette al 20% di questo
mondo di sfruttare l'80% delle risorse di questo mondo, a spese
dell'80% delle persone di questo mondo, sta inquinando la terra in una
maniera talmente forte da bloccare il futuro.
Questo è il problema grave. Gli scienziati ci danno al massimo 50
- 60 anni e poi, futuro e generazioni non potranno più vivere su questo
mondo. Il sistema che abbiamo messo insieme è un sistema di morte.
Nel libro "Passion for the earth", scritto da un missionario, si citano varie
statistiche: tra di esse, quella relativa ai rifiuti americani. Parla di
16 bilioni di pannolini - ma a questo mondo siamo sempre vissuti senza
pannolini!. Vengono buttati tutti al macero.
220 milioni i copertoni che l'America ogni anno butta.
Mi ha fatto molta impressione, trovare in un documento del Vaticano sulla
fame - che doveva essere una enciclica, ma dati i toni forti l'hanno
ridotta solo a pia esortazione - queste statistiche.
"A mero titolo di esempio, le 500.000 tonnellate di prodotti mortali in grado
di distruggere 60 miliardi di uomini, di cui dispone oggi ancora l'Unione
Sovietica, hanno avuto un costo di produzione di 200 miliardi di dollari
USA e altrettanto costerà distruggerle."
Questo è il problema; Turrini, uno degli inventori del Phoenix francese,
ora pentito, dice che le scorie atomiche durano 200.000 anni. Di fatto non
sappiamo più come distruggerle.
"Si tratta di risorse reali e dunque di una perdita secca per il pianeta,
questa avventura perversa si traduce in abbassamento del tenore di vita degli
uomini, non solo dell'Unione Sovietica, e addirittura in fame per numerose
famiglie che altrimenti non l'avrebbero conosciuta."
Questo sistema ha dell'inconcepibile. Davvero ha ragione don Milani:
"L'obbedienza non è più una virtù". Finiamola,
smettiamola. Ma è ora di gridare, di urlare, perché davvero
viviamo dentro sistemi che ci ammazzano, ci stritolano, uccidono milioni
di persone.
Il nostro problema più grosso è la cecità: siamo ciechi,
siamo incapaci di vedere la realtà, i mass media che vediamo ci rendono
ancora più ciechi, sono la nuova religione che ci abbindolano facendoci
credere che questo è l'unico mondo possibile.
Ma Dio sogna un mondo altro.
Vincere il senso d'impotenza.
Ecco questa sera sono qui per dirvi, venendo dai sotterranei della storia,
il sogno di Dio, di una economia di uguaglianza, che demanda ad una economia
di giustizia, che demanda una religione dove Dio non è il Dio del
sistema, ma delle vittime del sistema.
Permettetemi soltanto alcune riflessioni che ritengo molto importanti.
Perché davvero penso che il peccato più grave che ci attanaglia
sia il senso d'impotenza.
La maggior parte di noi dice "Non ci possiamo fare nulla, sono cose troppo
grandi".
Ritorno a dirvi che i volti sono importanti, che ognuno di noi è
importante, è una bomba atomica. La forza dell'amore, della
verità. Guardate che possiamo fare miracoli. Non pensate che li abbia
fatti solo Gesù di Nazareth. Ecco la fede, il credere che si può
cambiare. Ecco il grande peccato nostro, quello dell'impotenza: è
fondamentale uscirne fuori.
Guardate però che non si può uscirne fuori senza una grossa
base di spiritualità.
Senza una forte dose di spiritualità, di contemplazione, di denuncia
e di eticità non andiamo da nessuna parte. Dove sono i vostri
sessantottini? Ora sono le colonne del sistema di oggi.
Non si resiste a questo sistema se non si ha una dimensione di
spiritualità, dei fondamenti di eticità. Ritengo importante
ritornare a fermarsi, a spendere e a perdere tempo. A fermarsi per parlarsi,
nelle famiglie dove non si parla più. A trovare degli spazi per non
credenti. Parlate con vostra moglie, con vostro marito. Chiedetevi che
significato ha tutto. Smettetela di girare come trottole per fare soldi,
perché i vostri figli vi malediranno per quei soldi che avrete lasciato
loro. Fermiamoci, riflettiamo, diamoci ragioni delle cose per cui viviamo,
riscopriamo le cose belle che abbiamo.
Per me, davvero, è fondamentale questo aspetto e ritengo che le
comunità non possano esistere senza questa base. Anche perché
questo sistema è talmente forte, talmente coinvolgente, e gioca talmente
sui nostri sentimenti più profondi, ed in particolare l'egoismo
umano, che non si riesce a resistere. L'emblema per me è il
presidente del Brasile, Cardoso.
Cardoso era uno dell'intellighenzia latina di sinistra, l'inventore
del trattato della dipendenza, e dunque trattato come marxista, comunista.
Oggi è il presidente del Brasile, ed è l'emblema del capitale,
della ricchezza. Ciò vi dice come questo sistema è capace di
fagocitare tutto e tutti. Se ho detto delle cose sul commercio equo, sulla
Banca etica è perché davvero penso che è difficilissimo
mantenere una certa dirittura in questi contesti.
Per questo c'è bisogno di una dimensione profonda di
spiritualità, di contemplazione, di dimensione del mistero. Chi è
credente lo chiamerà con altri termini, ma poi ci ritroviamo davvero
allo stesso punto. Perché davvero oggi la tua fede la rendi viva
sull'impegno, e non sulle parole.
E' inoltre importante concatenarsi: abbiamo un sistema che si chiama
"globalizzazione".
Un esempio semplicissimo di globalizzazione: la produzione avviene sempre
più all'interno di una fabbrica globale, in cui differenti fasi
di lavorazione vengono svolte in paesi diversi.
Quando per esempio il cittadino americano, acquista per 10.000 dollari
un'auto della General Motors, 3.000 dollari vanno in Corea del Sud per
le lavorazioni di routine e per operazioni di assemblaggio, 1750 in Giappone
per componenti ad alta tecnologia, 750 in Germania per il design e per il
progetto delle parti meccaniche, 4000 a Taiwan, Singapore e Giappone per
piccole componenti e così via. In fondo, cosa fanno queste grandi
compagnie? Sono diventate veramente intelligenti: mettono insieme solo dei
pezzi. Questa è la globalizzazione. Ma non abbiamo ancora imparato
che dobbiamo fare la stessa cosa? E che se vogliamo resistere a questo sistema
dobbiamo imparare questa importante lezione? Guardate che non c'è
altra strada.
Anche in questi giorni, ho potuto notare con gioia che in Italia c'è
tantissima vivacità di base. Tanta, forse nessun paese europeo ha
tanta vivacità come la nostra. Ma la gestiamo all'italiana.
Alla fine non si incide, non si fa nulla, non siamo una forza, mentre potremmo
essere una forza politica ed economica incredibile. C'è bisogno
di una globalizzazione dal basso. E' fondamentale. Dobbiamo imparare
a fare come fa il sistema: ed allora si inizia a ragionare.
Questo libro la chiama "strategia lillipuziana".
I viaggi di Gulliver è satira politica, una delle migliori contro
l'Inghilterra.
Gulliver, il predone, per Jonatan Swift è l'Inghilterra; quando
Gulliver arriva a Lilliput, trova questi piccolissimi abitanti, alti un
centimetro e mezzo. Potrebbe schiacciarli tutti.
Gli altri, stanno tranquilli, non ci badano ed intanto aspettano che si metta
a dormire.
Cominciano ad usare la loro intelligenza. Ognuno ha dei filettini, che legano
l'un con l'altro, finche Gulliver è completamente legato,
imprigionato. Questa è la Fionda di Davide.
La Banca Etica deve essere una fionda, unita a molte altre fionde. Devono
mettersi insieme. Se non comprendiamo questo, continuiamo a fare dei rigagnoli,
dove ognuno va per i cavoli propri. Non serve a nulla.
Abbiamo bisogno di una strategia lillipuziana.
"Gulliver avrebbe potuto schiacciarli. Di fronte alle soverchianti forze
ed istituzioni globali, la gente può servirsi delle fonti di potere
relativamente modeste che ha in mano. Combinarle con quelle spesso abbastanza
differenti, in possesso di altri partecipanti, ad altri movimenti di altri
luoghi. Come i piccolissimi lillipuziani catturavano Gulliver, legandolo
con tanti pezzetti di filo, la strategia lillipuziana intreccia molte azioni
particolari. Pensate, per ostacolare il livellamento verso il basso - ovvero
la strategia secondo cui l'economia va dove i costi sono minori, sia
economici, sociali o ambientali - di un sistema di regole e pratiche che
spingono congiuntamente in direzione di un livellamento verso l'alto.
I poveri devono uscire. Dobbiamo livellarci all'alto."
Questa sera non siamo qui a lottare per i poveri. Lottiamo per noi. Quando
le fabbriche chiudono, perdono sia i poveri che vengono strozzati, ma anche
noi. E' una unica logica che ci ammazza tutti. Questo è il problema.
In un certo senso la strategia lillipuziana è speculare alle nuove
strategie delle grandi imprese globali. Così come la strategia di
queste imprese crea reti mondiali di produzione che collegano aziende separate,
la strategia lillipuziana immagina forti organizzazioni di base locali inseriti
in una rete di aiuto reciproco e di alleanze strategiche con movimenti analoghi
in tutto il mondo. E così, come la strategia della corporation, si
sforza di creare strutture di governo a livello locale, regionale, nazionale
e transnazionale per sostenere i propri interessi, la strategia lillipuziana
tenta di fissare regole che proteggano l'interesse di coloro che sono
minacciate dalla globalizzazione. Ecco la strategia. Un esempio splendido
di strategia lillipuziana è stata la campagna contro le mine. Ieri
mi hanno detto che finalmente il Senato ha messo al bando le mine.
Occorre una strategia lillipuziana per collegare interessi individuali con
gli interessi collettivi. Collegare il globale con il locale. Il nord con
il sud.
Se sono qui questa sera è a nome di quelle cooperative di Korogocho,
di quelle della discarica.
"Collegare soggetti con soggetti, attraverso i confini. Collegare identità
specifiche con più ampie comunità. Collegare problematiche
e soggetti sociali. Collegare chi è minacciato con chi è
marginalizzato. Collegare diverse fonti di potere. Collegare le lotte contro
le istituzioni, oggetto di contestazioni. Collegare la resistenza con il
mutamento istituzionale. Collegare le questioni economiche e la
democratizzazione." - e conclude così "Nessuna tattica, nessuna campagna,
nessuna legge o istituzione isolata appare in grado di contrastare il
livellamento verso il basso. La strategia lillipuziana parte dal presupposto
che per controllare il saccheggio globale è necessario che i molteplici
fili dell'azione dal basso siano capaci di unirsi a livello planetario.
La strategia lillipuziana prevede la costruzione di un movimento sociale
transnazionale, formato da coloro che resistono al livellamento verso il
basso, che partecipano ad iniziative in direzione al livellamento verso
l'alto e che si uniscono ad altri che perseguono i medesimi
obiettivi."
Nel '95, quando sono stato qui in Italia, vi ho chiesto di fare, se
possibile, in ogni regione o sottoregione una mappa della resistenza, di
tutti i gruppi che lavorano per qualcosa di alternativo. Non è avvenuto
nulla. Io sono qui per dirvi la mia amarezza questa sera e per dirvi quanto
è importante creare queste mappe. Bergamo potrebbe occuparsi del
bresciano, del mantovano, di Sondrio.
La bella notizia che ho ricevuto in questi giorni è che c'è
la disponibilità per costituire un centro telematico. Non demonizziamo
Internet e la tecnologia: tutto è opera di Dio. Ma usiamola bene,
perché abbiamo dei poteri immensi fra le mani. Utilizzateli.
C'è la possibilità di avere facilmente una fondazione
con un centro nazionale che potrebbe connettere telematicamente tutti i gruppi.
Guardate che la resistenza negli Stati Uniti è tutta connessa con
Internet: ogni gruppo sa quello che fanno gli altri.
E' importante perché altrimenti siamo solo dei piccoli gruppi
e ci ridono addosso, a ragione.
Questa sera vorrei chiedervi proprio questo: l'importanza
dell'economia e della Banca Etica.
Pochi giorni fa ho parlato con due responsabili delle Banca etica, che mi
volevano ringraziare per l'aiuto che ho dato loro durante la campagna
nel '95. Ho sentito che la banca potrebbe aprire per gennaio, con
l'apertura dei primi sportelli. Sono arrivati a 8,2 miliardi, ma sembra
che altri 2 miliardi siano già stati stanziati. Mancano un miliardo
e poco più.
Mi sono stupito di questo, tornando. Io pensavo che la Banca etica fosse
già partita.
Nel Trentino, nel 1995, in una settimana hanno raccolto 2 miliardi - non
le banche, ma la gente - , mentre in 2 anni, in Italia, hanno raccolto solo
8 miliardi!
Questo per me è molto grave. Ed è un giudizio in particolare
sulla Chiesa, sulle istituzioni religiose, sulle Curie e sulle Diocesi -
con tutti i soldi che girano. E' possibile che non si possano investire
in finanza etica! Lasciatemi esprimere il mio sconcerto. Non pensate che
io sia qui a puntare il dito su di voi. Ma se noi preti, religiosi o missionari
siamo i primi a non capire certe cose! Siamo talmente infarciti di dogmi
sulla moralità che non capiamo più che i problemi morali sono
questi, oggi. Per questo mi sono scandalizzato: dobbiamo assolutamente
raccogliere al più presto un miliardo e mezzo, perché finalmente
possa partire la Banca Etica.
E' altrettanto importante non essere fagocitati dal sistema.
Mi hanno detto che il 40% degli italiani - secondo uno studio - è
disposto a perderci sui soldi pur di sapere che li investono in qualcosa
di eticamente corretto. 40% è tantissimo.
La gente è stanca, è stufa di tutto questo. Vuole cambiare.
Ecco l'importanza di stare attenti sulla Banca Etica. Questo libro serve
a prepararci a questo, a coniugare soldi e finanza con il sogno di Dio.
Vi chiedo questo coraggio, quello di tradurre il sogno di Dio in questo contesto
economico. Ve lo chiedo perché vivo a Korogocho e presto ci
ritornerò. Non sappiamo cosa ci aspetta: probabilmente il peggio.
Già Korogocho ha vissuto due giorni incredibili di una violenza estrema;
a volte non so più da che parte voltarmi. Non sappiamo cosa ci aspetta.
Ci stiamo muovendo sulla politicizzazione, sulla domanda della terra ma il
governo non vuol mollare. Ci aspetteranno momenti molto duri e difficili,
ma io a loro nome e a nome di tutte le Korogocho del mondo, vi chiedo il
coraggio di iniziare a coniugare il sogno di Dio ad una economia di uguaglianza,
che demanda ad una politica di giustizia, che demanda ad un Dio che è
libero. Al Dio delle vittime, ai crocifissi di Korogocho, che contestano
questo nostro mondo, perché è basato sull'ingiustizia.
Un sistema che è capace di creare Korogocho, è un sistema di
peccato.
Tornate alla base, alla resistenza. Fate nascere il nuovo. Questo è
il mio appello.
Facendo nascere il nuovo. Dietro ogni bottega di commercio equo ci dovrebbero
essere gruppi di famiglie che si trovano a pensare, a riflettere, a celebrare,
a pregare se siete credenti. E' fondamentale riscoprire il senso della
gioia del vivere, delle relazioni, dei volti. Deve nascere una cultura nuova,
che deve diventare movimento. Movimento che diventerà politico, che
porterà in alto qualcuno che porterà queste istanze. Guardate
che nessuno sarà votato con un discorso come quello che ho fatto questa
sera. Tocca a voi, fare nascere il nuovo e far salire questo. Ritengo importante
concludere con la battuta di un teologo della liberazione del Costa Rica,
Pablo Richard - che è in crisi, perché davvero c'è
una stanchezza enorme in America Latina - che dice: "E' tempo di
apocalittica. E' finito il tempo della profezia". E' importante
sottolineare che abbiamo perso i grandi punti di riferimento, come don Tonino
Bello, Balducci, Turoldo, Alex Langer - figure emblematiche, significative
che ci hanno indicato dei percorsi. Forse non è più tempo di
profezia, è tempo di apocalittica, è tempo di sognare, di ritornare
al basso, di far nascere qualcosa dal basso.
Richard, parlando dell'America Latina, dice: "Negli anni '80, nei
movimenti popolari ed ecclesiali, la politica era tutto. C'era la
convinzione che solo prendendo il potere si sarebbe potuta cambiare la
società. Questa prospettiva era reale, come dimostra la rivoluzione
sandinista. Oggi la presa del potere diventa impossibile per un partito popolare,
che può governare solo entro i limiti imposti dal Fondo Monetario
Internazionale o della Banca Mondiale."
Ma se tutto è determinato dalla situazione economica internazionale,
è irrilevante chi sia il presidente. E' chiaro. Il vero potere
non è quello politico, dimentichiamolo. Il vero potere è quello
economico: sono loro quelli che decidono e alla fine fanno la cultura, la
società. Ci impongono tutto. Si rischia di non avere più nessuna
differenza fra gli schieramenti politici. "Quindi il potere è solo
un modo per fare soldi. Perciò dilaga la corruzione, che ha un sistema.
Non è il frutto di una maggiore perversità dei politici di
oggi rispetto a quelli di ieri."
Questo è il problema. Ancora vi cito Richard: "la speranza si sposta
dalla politica alla società civile" - ecco la resistenza, i gruppi
- "che coincide con i movimenti popolari, i quali però non pensano
alla resa del potere, ma alla costruzione di un potere che nasca dal basso.
Esso si basa sui nuovi soggetti, non più classi operaie e contadine,
ma sulle donne, gli indigeni, gli afro-americani...
Nasce anche una nuova coscienza, la cui componente teorica non è più
solo di classe, ma anche di generi culturali, ambientali, generazionali,
comunitari. In questa nuova coscienza acquistano forza l'elemento etico
e quello spirituale. I movimenti sociali hanno oggi tutti una
spiritualità." - l'ho detto anche prima, non si va avanti senza
spiritualità - "Spiritualità di donne, indigeni, giovani. Ed
una forte spinta etica, di denuncia, di recupero dei valori. Naturalmente
si fa pressione sullo stato e sul mercato, con movimenti alternativi di
produzione di commercio" - io non ho citato il commercio equo e solidale,
che so che sta funzionando, e i vari boicottaggi; tutte cose che già
sapete ed è inutile che stia a parlarne - "Ma il riferimento fondamentale
per la ricostruzione della speranza sta più nella società civile
che nella politica. Ciò ha provocato una certa spoliticizzazione,
e perdita di ideologia. Che però in positivo fa venir meno
l'ossessione della presa del potere."
Questo è il nuovo, è una realtà nuova che abbiamo fra
le mani.
Lasciamo perdere le grandi parole sull'alternativa. Non ci sono
alternative.
Siamo nell'impero, ha stravinto. Dobbiamo ritornare alla base, ricominciare
dal basso, attraverso le comunità, riaggregandoci. Dobbiamo fare nascere
il nuovo. Abbiamo 60 anni davanti, non di più.
Avete visto il rapporto degli scienziati di Wuppertal sul futuro sostenibile,
che danno ai tedeschi ancora 60 anni, e poi dovranno tagliare il 90% dei
consumi. 90% non è una bazzecola.
Sono questi i conti che dobbiamo farci chiaramente, guardandoci in faccia.
E questi li possiamo fare soltanto ritornando alla base e crescendo
insieme.
In un testo bellissimo, "Fuori dal mercato, non c'è salvezza",
uno dei migliori pensatori protestanti di economia evangelica, conclude
così: "Legare dal basso le economie orientate al bisogno, con il governo
politico. Una duplice strategia. E ritorniamo al sogno di Gesù. In
Gesù, il no chiaro è legato ad un sì altrettanto chiaro.
Il Regno di Dio incomincia in mezzo a voi: inizia nelle piccole comunità
messianiche che Gesù indica come sale, luce e lievito. Queste alternative
nel piccolo fanno la comparsa proprio in strutture economiche così
alternative da non avere poveri al loro interno. Come sempre è il
grande contesto a far vedere che si può cominciare qualcosa di nuovo
dal basso. Questa impostazione rinvia ad un aspetto comune a molti progetti
alternativi all'attuale sistema economico.
La creazioni di spazi economici locali, con mercati locali che siano orientati
al bisogno, sostenibili sul versante ecologico che promuovano il lavoro.
Per questa evoluzione è molto importante il decentramento
dell'approvvigionamento energetico, con l'energia rinnovabile (sole,
vento, biomassa, acqua), e lo sviluppo dell'agricoltura biologica
preferibilmente nella forma delle cooperative dal produttore al consumatore.
E' però decisivo il controllo sulle risorse finanziarie, o con
l'istituzione di cooperative di credito, guardando in direzione di una
moneta locale. A dire il vero, queste alternative dal piccolo che hanno valore
di segno, devono, in un medio periodo, ottenere un quadro politico che
consapevolmente le agevoli e contemporaneamente tenga a freno, attraverso
la regolamentazione degli effetti devastanti del mercato mondiale. Qui si
ritorna alle proposte di Kinz, che ha elaborato in materia di regolamentazione
politica nazionale ed internazionale, ma senza l'aggancio di questa
ad una forte economia globale, regionale ed ecosociale, in primo luogo il
meccanismo del capitale resta dominante ed in secondo luogo non viene rafforzata
dal basso la volontà politica di imporre opzioni politiche". E conclude
"Qui poi, anche il modello biblico, della critica profetica del potere e
delle regolamentazioni giuridiche, dà prova del suo senso e della
sua forza. In pratica, oggi, questa impostazione significa per le Chiese
la teologia. Partecipare a coalizioni all'interno della società
civile, così da incominciare a costruire una forza di opposizione
al potere alternativa. Questa è la seconda parte della duplice strategia,
accanto al rifiuto, al no, e alle alternative al piccolo nella speranza del
Regno di Dio".
Io lo vivrò nei sotterranei della vita e della storia. Vi prego,
ricordatevi. Io vi sentirò molto vicino a me e spero di sentire buone
notizie da questa Bergamo, uno degli angoli del cuore della bestia finanziaria
italiana.
La sfida è il cammino vero verso Korogocho.
Vi tocca una sfida enorme - è inutile piangere su Korogocho se non
riuscite a muovervi su piccoli passi verso questo.
Io vi porterò dentro, vi porterò con i poveri e vi chiedo di
avere la certezza che nonostante tutto quello che vivono i poveri, continuano
a lottare senza stancarsi e con il sorriso sulle labbra. Non stanchiamoci,
perché sono sicuro che ce la faremo. Perché la vita, nonostante
tutto quello che abbiamo attorno, vince. E grazie a voi.